Alla tomba del fratello: traduzione con note grammaticali e figure retoriche
La poesia a cui si ispira il celebre sonetto di Ugo Foscolo In morte del fratello Giovanni
Il carme di Catullo che vi leggo (in metrica) e commento nella videolezione linkata in alto non è soltanto uno dei più belli e commoventi di tutto il liber, ma anche l’opera a cui si ispirò Foscolo per la composizione del suo celeberrimo sonetto dedicato alla memoria del fratello Giovanni Dionigi morto suicida. Situazione e contesto sono, nella lirica del poeta latino, completamente diversi, ma il Foscolo amò e volle riprendere alcune immagini catulliane che erano in linea con la sua sensibilità ed il messaggio che voleva comunicare. La lirica, che fa parte della terza ed ultima sezione del liber contenente gli epigrammi in distici elegiaci, si può dividere in quattro microsequenze. Eccone la traduzione con alcune note grammaticali e le principali figure retoriche.
Verso 1: il lungo peregrinare
1 Multas per gentes et multa per aequora vectus
Trasportato (vectus, participio perf. da veho, in funzione predicativa e concordato in nominativo al soggetto sott. “ego”) attraverso molti popoli (cfr. Foscolo “di gente in gente”) e molte distese marine (duplice anastrofe: inversione dell’ordine abituale delle parole, “multas per gentes” anziché “per multas gentes).
Versi 2-6: l’arrivo alla tomba ed il compianto

2 advenio has miseras, frater, ad inferias,
son giunto (advenio: presente con valore resultativo, quindi “son giunto” e non “giungo”), o fratello, a queste misere offerte (le inferiae, arum, erano propriamente i sacrifici votivi per i morti, come sotto al v. 8). Notare l’ipallage: “triste” è lo stato d’animo del poeta ma viene trasferito alle offerte.
3 ut te postremo donarem munere mortis
per (ut, finale al cong. impf.) farti omaggio del dono (te donarem munere: costruz. del verbo donare con l’acc. della persona a cui si dona e l’ablativo della cosa che si dona, come in ital. “fare a qualcuno omaggio di qualcosa”) di morte.
4 et mutam nequiquam alloquerer cinerem
e inutilmente (nequiquam, vocabolo altisonante rispetto al più comune frustra) rivolgermi (composto di ad-loquor, “mi rivolgo a”, vocabolo usato nelle allocuzioni agli dei o ai giudici e quindi dal significato rituale; il cong. impf. dipende ovviamente sempre da ut del v. prec.) al cenere muto (cfr. Foscolo)
5 quandoquidem fortuna mihi tete abstulit ipsum
poiché la sorte a me ha sottratto (perfetto del composto di fero, affero) te (tete, acc. del pronome pers. raddoppiato), proprio te (ipsum, concordato con te, nel significato di “proprio lui, lui in persona”). Notare l’accumulo di pronomi personali rafforzati per aumentare il pathos e l’antitesi mihi/tete per sottolineare il dolore del distacco.
6 heu miser indigne frater adempte mihi!
o povero fratello ingiustamente a me strappato (tutti vocativi tranne mihi, ennesimo pronome pers. e l’avverbio indigne)!
Versi 7-9: il rito funebre

7 Nunc tamen interea haec, prisco quae more parentum
Adesso però, in questo momento (le tre particelle iniziali sottolineano, in corrispondenza del cambio di sequenza, il ritono all’inutilità del rito), accogli (è l’accipe del v. 9) questi doni (haec, neutro pl. con significato generico, in questo contesto è da riferire alle inferias menzionate al v. 2), che (relativa, anche in questo caso con anastrofe del pronome relativo quae) secondo l’antico costume dei padri
8 tradita sunt tristi munere ad inferias
sono stati recati con triste rito (ablativo di modo) per le offerte
9 accipe fraterno multum manantia fletu,
assai stillanti (manantia, part. pres. da manare in funzione attributiva riferito a haec del v. 7, cioè le offerte) di pianto fraterno (allitterazione a chiasmo)
Verso 10: l’addio
10 atque in perpetuum, frater, ave atque vale!
e per sempre, o fratello, addio!