L’Eneide di Didone: una kitschata sexually correct

“Eneide al femminile” l’hanno ribattezzata diverse recensioni, perché raccontata dal punto di vista di tre voci femminili che si alternano in una narrazione in prima persona: Didone, Giunone, Venere.

Riscattare il personaggio della regina cartaginese dalla immagine per così dire “deludente” che lascia in noi a causa del suo suicidio sembra essere l’intento suggerito già dal titolo e in effetti poi confermato dalla postilla della stessa autrice; intento che senza dubbio incuriosisce e “diverte” (nel senso latino del termine: fare qualcosa di diverso dal solito).

Ma ecco che alla seconda pagina già leggo: mi trattò con la supponenza del maschio dominante che si rivolge a una femmina ritenuta non abbastanza avveduta. Avverto un che di distonico e artificioso in queste parole messe in bocca a Didone, come quando si vuole a tutti i costi dire qualcosa e si finisce per dirla nel posto e nel momento inopportuni. Ma andiamo avanti. Quattro pagine dopo si parla del mito di Urano e Gea, il Cielo e la Terra, divinità primigenie: lui la avvolge e la feconda con ansia spasmodica di spargere il seme e sovrastandola con bruta veemenza. La Oliva ha chiaramente tratto il racconto da Esiodo ma lo “rivisita” in senso maschilista, peraltro omettendo di dire che è la Terra stessa ad aver generato il Cielo ed è lei che gli si stende a fianco per procreare i primi figli (Teogonia, 133). Questa “Eneide al femminile” inizia a sembrarmi piuttosto una “Eneide sexually correct”, che è ben altra cosa e sicuramente peggio, e certo ci vuole coraggio ad affermare che si tratta di una “versione fedele all’originale”, come ho letto da qualche parte (evidentemente l’originale non lo hanno mai visto nemmeno da lontano)… ma vado avanti.

Sei pagine dopo, Giunone si reca nell’antro di Eolo a chiedergli di scatenare una tempesta contro le navi di Enea e, dato che il dio dei venti è titubante, gli promette in premio una bellissima ninfa: Il porco cambia faccia. Sono così noiosi e prevedibili talvolta, i maschi. Non so se più sorpreso o più irritato da una generalizzazione così sciocca e dal poco edificante epiteto attribuito ad Eolo, vado a controllare sulla mia copia virgiliana perché “non si sa mai, vuoi vedere che il tremendo dio dei venti che ha accompagnato la mia fantasia di bambino fosse davvero un porco libidinoso?”E infatti: al v. 73 del libro I, Giunone promette sì ad Eolo una splendida Ninfa ma…consacrandogliela in “matrimonio indissolubile” e con tanti auguri di splendida prole. Una situazione decisamente meno lasciva e del “porco”, in realtà, non c’è traccia (nemmeno fra le righe).

Eh sì, i maschi sono noiosi e prevedibili come lo sanno essere anche le donne e come lo è anche Lei, Marilù Oliva, che ha trasformato quello che poteva essere un elegante e intelligente divertissement letterario in una succosa occasione per rigurgitare astio nei confronti dell’universo maschile snocciolando una sfilza di cliché conditi da malcelata acredine e finendo anche per mettersi nella stessa posizione del tanto stigmatizzato “maschio dominante”Un piacevole godimento mi solletica nel vedere Enea così muto e mortificato, fa dire a Didone: e il piacevole godimento lo percepiamo anche noi mentre miti e personaggi millenari vengono dissacrati e ad ogni pie’ sospinto si incappa in tediosi commenti da femminismo di retroguardia: Ai maschi piacciono le donne fragili molto più di quelle forti; Detesto gli uomini che spifferano al vento le loro imprese amorose per apparire più importanti; e poi gli uomini che loro-sono-autorizzati-a-divertirsi-noi-invece, e quelli che parlano incessantemente di sé, e se Teseo non avesse avuto Arianna… Eccetera. Eccetera. Eccetera. Stento ad immaginare un qualunquismo più imbarazzante. E che noia mortale. Se all’inizio leggevo avidamente, arrivato a pag. 179 procedo per due pagine, poi chiudo e vado a farcire i peperoni – con sottofondo di Poulenc.

Nemmeno la trovata narrativa che permette a Didone di essere protagonista fino alla fine risolleva la parabola discendente dell’entusiasmo iniziale: una “ideona” che non ho ancora deciso se considerare del tutto ridicola o del tutto geniale. Ma forse è vero che gli opposti si toccano: la sua genialità sta proprio nell’essere una kitschata assolutamente ridicola.

E prima di andare in cucina, per curiosità, apro “L’Odissea di Penelope” già malauguratamente comprata insieme all’altro libro. E incredibile dictu mi si apre proprio qua: Eccoli, gli sciocchi. Uomini, animali, maiali: c’è poi così tanta differenza? Sono arrivati qui cercando quello che ogni maschio insegue. Cibo, riparo, una donna che li accudisca. La proiezione della loro madre. Che noia, questi uomini! (Per chi non l’avesse capito, sta parlando la maga Circe). Ancora porci, di nuovo comesononoiosiquestimaschi. Beh, questa non è scrittura di genere: qui siamo alla misandria isterica e all’insulto – ben foraggiato e protetto dalla (pre)potenza del politicamente/sessualmente corretto.

Adesso mi aspetto la resurrezione di Madama Butterfly e la castrazione chimica del colonnello Pinkerton, così diamo una bella lezioncina anche a Puccini. Però questo non lo comprerò: due bastano e avanzano. Torno volentieri alla vera letteratura di genere, quella fatta senza bisogno di insultare e di seminare livore, quella fatta per dare al femminile una voce degna delle donne.