Romanzo breve nato da un colpo di pistola
Se c’è una cosa sicura è che è necessario scrivere senza nessuno scopo. Desideravo scrivere e trovai un colpo di pistola e gli andai dietro.
Così scrisse la Ginzburg a proposito del suo romanzo breve “È stato così”, che appunto inizia ex abrupto con un colpo di pistola in mezzo agli occhi del marito della protagonista. Della revoltellata, in realtà, non dev’essere stata convinta nemmeno l’Autrice, la quale dichiarò che se ne era pentita e che sarebbe stato meglio far solo desiderare alla protagonista di uccidere il marito, anziché farglielo fare sul serio. Comunque…
Il libro è strutturato secondo una perfetta Ringsbildung (costruzione ad anello) e finisce con le stesse parole con cui incomincia, nello stesso punto in cui era iniziato e con il medesimo colpo di pistola. Fra questi due poli si sviluppa la trama che è quindi un intero flashback nel corso del quale la protagonista (di cui, curiosamente, non ci viene nemmeno detto il nome) rievoca in prima persona la storia del suo innamoramento e del suo matrimonio fallimentare.
Ora, vi dico subito però che casomai, dopo aver letto l’incipit, pensaste di leggere la prevedibile storia femminile e femminista di una povera donna che, vessata dalle angherie di un uomo violento e prepotente, esplode in un èmpito di odio represso o di eccesso di legittima difesa, rimarreste delusi.
Lei è un’insegnante piccolo-borghese, una personcina grigia e piatta, a-nonima in tutti i sensi, che evidentemente non trova dentro di sé nessuna motivazione e nessun interesse che le riempia la vita e le arricchisca lo spirito.
A quanto pare, non fa che aspettare: aspettare di essere amata e sposata, di diventare madre e di essere tradita; aspettare di trovare qualcuno da aspettare, qualcuno che la faccia sentire meno sola. Non mi era mai successo che un uomo mi facesse dei regali e la mia vita mi sembrava così malinconica e vuota (pag. 9). L’autoritratto sentimentale che l’anonima traccia di se stessa è pieno zeppo di frasi agghiaccianti come quella che ho citato.
La descrizione minuta della sintomatologia del suo innamoramento è degna di un manuale di psicologia femminile. Era stata una vita mediocre e incolore fino al giorno in cui lo avevo incontrato. E anche in questo caso vien da rabbrividire: cosa c’è di più tremendo (e pericoloso) del fatto che la propria felicità dipenda dalla presenza di qualcun altro?
Quando poi, una volta maritata, smette di lavorare, abbiamo fatto tombola.
Ma parliamo di lui: un omuncolo egoista e meschino, “un tappo di sughero” si autodefinisce nel senso che non va mai al fondo di niente; quando i due si conoscono è innamorato di un’altra già sposata e non vuole maritarsi. In realtà nemmeno lei, ma poi, come trascinati dagli eventi e dalla corrente anziché essere loro a dare alla propria vita la direzione voluta, si sposano.
Proseguendo con la lettura mi sono reso conto che lei presenta i tratti tipici della donna isterica: Quando pareva che lui andasse lontano dalla mia vita sentivo tanto dolore da non poter continuare a vivere, e quando era dentro la mia vita provavo ribrezzo. E in modo isterico è vissuta anche la sessualità: l’idea di farlo le provoca ribrezzo (però se l’è sposato). Comunque lo fanno e nasce una bambina. Naturalmente la madre, passando da una dipendenza ad un’altra, adesso vive per la bambina. Che però, bruttina e gracile, muore a tre anni.
Lui vorrebbe riprovarci ma ormai i due sono alla frutta. Lei da anni è al corrente dei tradimenti del marito e arriva al punto di invitare a casa l’amante di lui per conoscerla. Il loro dialogo nelle ultime pagine è memorabile. “Mi dicevo che nella vita di una persona non c’è forse soltanto amore e bambini ma uno può fare cento cose”. Ma dai, sei proprio un genio! “Pensavo com’era povera la mia vita ma pensavo che ormai era troppo tardi per cambiare”. So che non è un commento molto ortodosso, ma lo dico lo stesso: il colpo di rivoltella verrebbe proprio voglia di darlo a lei!
E invece Nell’ultima pagina, mentre lui fa la valigia per andare a fare il solito viaggio con l’amante, la pistola la prende lei e gli spara negli occhi.
Certo che la storia è triste assai, ma anche questo lo scrive la Ginzburg stessa in una lettera a Sibilla Aleramo: “Io non sono affatto negativa, ma mi succede che sempre invento personaggi così: spero sempre di fare della gente più allegra, ma poi nell’atto pratico non ci riesco”.
In effetti…
Comunque, a dispetto dell’autocritica dell’autrice un libro che mi ha preso e mi ha dato (seppur in termini di exemplum alla rovescia) e che vale la pena di leggere. Possibilmente non in periodi di depressione…