Populares e optimates: la differenza e le tappe del loro conflitto

Populares e optimates nella Roma repubblicana

Chi sono gli “ottimati” e chi sono i “popolari”? Qual è la differenza tra populares e optimates? Quali sono le opposte caratteristiche del loro “programma politico”? Quali furono le tappe dello scontro fra populares e optimates?
Un argomento complesso sul quale in internet si trovano contenuti spesso confusionari, superficiali e pieni di errori. In questo approfondimento collegato alle mie videolezioni su Caio Giulio Cesare fornirò risposte chiare, precise e affidabili alle vostre domande 🤓

1) Quando nascono le due fazioni dei populares e optimates

Prima ancora di spiegare chi sono, chiariamo subito il “quando”: si legge ovunque di “popolari e ottimati” con generico riferimento alla “storia di Roma”, che è però una storia di circa 1000 anni, dalla mitica fondazione alla caduta dell’Impero d’Occidente; perciò, per parlare di popolari e ottimati la prima cosa da fare è chiedersi “da quando a quando”.

La storia del conflitto tra populares e optimates occupa circa duecento anni dalla fine del III sec. a. C. alla fine del I, cioè alla nascita del Principato.
Secondo Cicerone, infatti, “fondatore” del partito popolare fu Caio Flaminio, tribuno e console della fine del III sec. e protagonista dell’espansione romana verso il Po. Ne parleremo nei paragrafi seguenti. È dunque solo dalla fine del III sec. che a Roma si può parlare di “politica democratica” (più avanti vi spiegherò in che senso).
Per quanto riguarda invece il termine del conflitto, è ovvio che l’opposizione tra le due fazioni richiede l’esistenza delle magistrature e degli equilibri della Roma repubblicana e, perciò, viene a decadere nel momento in cui la res publica entra in crisi e cede il posto al Principato, cioè al potere di uno solo.

2) Chi sono (e chi non sono) i “popolari” e gli “ottimati”

Chiariamolo subito, perché questo è uno degli equivoci più frequenti sull’argomento: i populares NON sono i plebei e gli optimates NON sono i patrizi 👍🏻. 
Alla fine del III sec. il conflitto fra patriziato e plebe si era concluso e pertanto la distinzione fra patrizi e plebei non costituiva più la discriminante sociale; esisteva semmai una nobilitas (nobiltà) patrizio-plebea, cioè un gruppo di famiglie sia patrizie sia plebee un membro delle quali avesse ottenuto almeno una magistratura curule. Questa cricca nobiliare, il cui luogo privilegiato era il Senato, tendeva a trasmettersi le magistrature per via ereditaria e tendeva ad impedire la carriera agli homines novi (allo stesso modo in cui, all’inizio della repubblica, i patrizi la impedivano ai plebei).

Possiamo perciò affermare che gli optimates corrispondevano alla nobilitas patrizio-plebea e perciò all’oligarchia senatoria, mentre i populares a coloro che non facevano parte di questo “blocco oligarchico fisso”.   
In questo senso, l’etimologia aiuta: optimates, cioè “i migliori” (in greco άριστοι, da cui “aristocratici”, che infatti è buona traduzione per optimates); tali infatti si consideravano le famiglie che facevano parte di questa oligarchia e che occupavano i seggi del Senato. Più avanti vedremo le caratteristiche dell’oligarchia senatoria.

Bisogna però precisare che anche la definizione appena data di popolari e ottimati va precisata: alcuni degli esponenti più noti del partito dei populares, infatti, appartenevano a famiglie nobili ma scelsero comunque di difendere gli interessi della plebe: lo stesso Cesare, membro di una antichissima famiglia patrizia, e anche il Caio Flaminio considerato il fondatore del partito, furono ciononostante populares.

3) I caratteri e il “programma politico” degli ottimati

Chiarito il “quando” e il “chi”, passiamo al “che cosa”: che cosa volevano, in sostanza, popolari e ottimati, qual era la loro visione della società e quindi i motivi del loro conflitto?

Gli optimates come oligarchia senatoria.
Il gruppo che definiamo degli “ottimati” o “aristocratici” era composto da una oligarchia di nobili per lo più latifondisti e proprietari terrieri (dal 218 infatti, grazie al plebiscito Claudio, i senatori non potevano più esercitare attività commerciali ed erano perciò rimasti i membri dell’aristocrazia terriera). Gli optimates rappresentavano dunque un numero ristretto di nobili che si erano arricchiti nel corso delle frequenti guerre e trovavano nell’investimento agricolo la fonte di guadagno più sicura.

Tale oligarchia senatoriale comprendeva quindi al suo interno cricche di famiglie che, ricordiamolo, dovevano aver ricoperto magistrature e che si trasmettevano un potere diventato nei fatti ereditario.
Se si aggiunge che le famiglie non nobili si mettevano sotto la protezione di quelle senatorie e che anche la clientela era ereditaria, si comprende come il Senato costituisse un blocco oligarchico fisso che si spartiva il potere. A tale blocco oligarchico si dà appunto il nome di “oligarchia senatoria” e questa consorteria, spartendosi le magistrature e dunque il potere, aveva praticamente in mano il governo di Roma.
La lotta fra populares e optimates non è altro che il tentativo dei non nobili di sottrarre all’oligarchia senatoria una parte del potere.

I caratteri dell’oligarchi senatoria.
Sallustio definì gli optimates “factiosi”: legati fra loro in conventicole (gruppi di potere) solidali come i mafiosi o i massoni, presentavano tutte le caratteristiche di ogni oligarchia: rivalità fra cricche, gelosie ed invidie reciproche, tendenza ad escludere gli homines novi.
Nel corso dei due secoli che stiamo analizzando, il loro atteggiamento politico si può riassumere in questi due punti:
– tentativo di reprimere anche con la forza e con il sangue (come accadde con i Gracchi) ogni iniziativa a favore dei diritti del popolo;
– nel contempo, tentativo di scalzare il potere delle magistrature, soprattutto del tribunato della plebe, a favore di quello del Senato (un esempio ne sono la lex Aelia et Fufia del 150 che imponeva lo scioglimento dei comizi popolari in caso di presagium nefastum o la lex del 151 che vietò la rielezione al consolato, con conseguente suo indebolimento).

3) I caratteri e il “programma politico” dei popolari

Il “fondatore” del movimento popolare, Caio Flaminio.
Tribuno nel 232, considerato da Cicerone il “fondatore” del partito popolare, egli incarna perfettamente lo spirito di questa parte politica.
Dopo la conquista del territorio dei Galli Senoni, richiede la sua divisione in lotti da distribuire alla plebe; avvia grandi lavori pubblici (è lui a dare il nome alla via Flaminia); emana una lex agraria che limita i diritti di uso dell’ager publicus.

La linea politica dei popolari.
Pur nella diversità delle politiche e delle iniziative dei vari esponenti del partito popolare, il suo programma politico vede dunque essenzialmente queste costanti:
– difesa degli interessi della plebe  contadina, ad es. attraverso limiti all’estensione di terra pubblica da concedere in possesso ai privati e quindi alla possibilità dei senatori di possedere vastissimi latifondi, a danno della piccola proprietà terriera, e attraverso distribuzioni e redistribuzioni di terre;
– difesa degli interessi della plebe urbana, ad es. attraverso distribuzioni di viveri, abbattimento dei debiti, opere pubbliche per il miglioramento delle condizioni di vita nell’Urbe;
– tutela delle prerogative del tribunato della plebe;
– sottrazione al Senato della competenza nelle quaestiones de repetundis, cioè i processi contro i governatori delle province accusati di concussione.

4) Le tappe principali dello scontro fra popolari e ottimati (sintesi)

1) Caio Flaminio, tribuno nel 232, è il primo ad avviare una politica a favore degli interessi della plebe ed è perciò considerato da Cicerone il “fondatore” del movimento democratico.

2) I Gracchi, con le loro riforme agrarie, intendono dare un orientamento democratico alla politica romana.

3) I tentativi di riforme popolari vengono repressi nel sangue e successivamente smantellati. Ripresa del partito degli optimates.

4) Gli scandali della guerra giugurtina risvegliano il disprezzo della parte popolare contro i nobili e Mario viene eletto console per la prima volta nel 107.

5) Il partito popolare vive il suo massimo fulgore negli anni dei consolati di Mario, spalleggiati dai tribuni della plebe Glaucia e Saturnino.

6) Guerra civile Mario-Silla; vittoria di quest’ultimo e liste di proscrizione contro gli avversari democratici; cd. “costituzione sillana”

7) Mentre Silla è in Oriente a combattere contro Mitridate, il partito popolare si riorganizza e riprende temporaneamente il potere a Roma con Mario e Lucio Cinna.

8) Definitiva sconfitta dei popolari e dittatura di Silla (81).

9) Cesare può essere considerato “l’ultimo popolare”: dopo di lui e anzi già con lui la res publica si avvia al tramonto e con l’instaurazione del principato augusteo le dinamiche della lotta politica che aveva caratterizzato gli ultimi due secoli della repubblica saranno cancellate.