Variazioni sulla scrittura, di Roland Barthes

Questo testo di filosofia del linguaggio è un libro senza dubbio impegnativo ma non necessariamente destinato ai soli addetti ai lavori, a patto che lo si centellini un po’ alla volta, come spesso si fa quando si legge saggistica densa, che richiede una lettura a piccoli passi seguita da una fase di riflessione e di opportuna digestione… La fatica viene però compensata con un notevole ampliamento di orizzonti sul fenomeno della scrittura.
La struttura del libro, del resto, favorisce e quasi suggerisce la parcellizzazione della lettura: variazioni, titolo costruito su una metafora musicale, sono infatti i brevi paragrafi da cui è costituita l’opera che, appunto come un “tema e variazioni”, ruota intorno al tema della scrittura variandolo nelle sue sfaccettature.

Per un non specialista, il portato più interessante del libro è la sua capacità di mostrare alcuni aspetti della scrittura e dello scrivere assolutamente insoliti se non addirittura paradossali. Variazione Nascondere: la scrittura, tradizionalmente considerata un mezzo per comunicare, viene analizzata come un modo per celare ciò che le viene affidato. Variazione Maiuscola: a scuola ci insegnano i limiti da seguire nell’uso della maiuscola e anche la netiquette di internet ci dice che scrivere tutto in maiuscolo equivale ad urlare, ma storicamente la scrittura è nata ed era solo maiuscola. Variazione Muro: nulla appare più voyer di un graffito su un muro: nessuno lo ha scritto, ma tutti lo leggono.

Ma soprattutto, una conferma dell’importanza del saper scrivere e del saperlo fare bene: l’uomo ha potuto incominciare a scrivere quando ha assunto la posizione eretta ed ha liberato gli arti superiori dalle necessità del camminare; pertanto, scrivere è una delle attività che  per eccellenza onorano il nostro essere umani (variazione Mano). Ma è anche importante scrivere bene, perché nella storia la scrittura è stato sempre un segno distintivo delle caste superiori depositarie di quest’arte (es. scribi), terreno professionale dei burocrati imperiali e di corte (es. presso la Magna curia di Federico II), insegna selettiva della classe aristocratica nell’età dei Comuni, nel Cinquecento e oltre.
E non crediate che oggi saper scrivere non rappresenti ancora un discrimine sociale.