Dante: Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io

Guido, i’ vorrei: il sonetto di Dante ambientato in un vascello letterario

Il sonetto che vi presento e spiego (con lettura, parafrasi e commento) nella videolezione linkata qui in alto lo troviamo in tutte le antologie scolastiche e viene spesso utilizzato come introduzione al Dolce stil novo perché sviluppa uno degli aspetti più caratteristici di questa corrente poetica: il fatto, cioè, di essere prima di tutto una societas amicorum, un gruppo di sodales che condividevano i medesimi ideali etici e letterari, e solo in secondo luogo una scuola poetica (anzi, in realtà, come vi spiego nella lezione sullo stil novo, “scuola” nel senso proprio del termine, come lo fu ad esempio La scuola siciliana, lo Stilnovo non lo fu mai).

Questo è dunque il senso della visione onirica fra le cui brume prende forma sonetto: un vascello immaginario, che sembra uscito da un romanzo cortese (non a caso Dante fa riferimento a mago Merlino) e che al suo interno ospita sei personaggi: tre amici, tutti appunto poeti Stilnovisti (Dante, Lapo Gianni e Guido Cavalcanti) e le loro rispettive donne.
Eccoli, dunque, i fedeli d’amore, la societas di amici che sognano di poter trascorrere del tempo piacevolmente, ragionando d’amore, in piena reciproca gioia, in una condizione anche fisica (la barca in viaggio per le acque) di separatezza dal resto del mondo: specchio della concezione elitaria che gli Stilnovisti avevano di sé stessi e delle loro idealità artistiche.

Ma quali “idealità”? I tre amici lo sapevano e da questo punto di vista il sonetto rappresenta una forma di comunicazione intima, come un biglietto di Dante agli altri due poeti: le allusioni testuali sono già note ai destinatari (e in realtà, se abbiamo cognizione del Dolce stil novo, sono già note anche noi). Un riferimento diretto lo possiamo comunque rinvenire al v. 12, dove quel ragionar sempre d’amore richiama appunto la costruzione intellettuale che lo Stilnovo sviluppa intorno all’amore, sua tematica esclusiva.